L’identità del Counseling Filosofico: rapporti con la consulenza filosofica e la professione di psicologo

Prof. Lodovico Berra*

Dalla fine degli anni Novanta, dalla nascita del primo gruppo italiano di studio, vi è stata una notevole evoluzione del concetto e della identità del counseling filosofico. La prima associazione del settore, l’Associazione Italiana Counseling Filosofico, comprendeva allora indistintamente counselor e consulenti filosofici, spesso accomunando e assimilando le due attività. Negli anni seguenti si sono poi sviluppati numerosi altri gruppi, nascendo nuove scuole, nuovi master, nuove pubblicazioni, nuove teorie, nuovi orientamenti. Si è così progressivamente andata a sfumare una identità precisa del counseling filosofico, confondendosi sempre di più con attività e professioni simili, ma non uguali, quale per esempio quella dello psicologo. Riteniamo quindi qui necessario evidenziare alcuni aspetti che consentano di delineare con esattezza cosa è oggi il counseling filosofico per la SICoF/SSCF.

Counseling Filosofico e Consulenza Filosofica

Nonostante spesso si parli indifferentemente di consulenza filosofica e counseling filosofico, è nella nostra opinione necessario differenziare in modo esatto le due pratiche. Questa distinzione è certamente più propria nell’area di lingua italiana, in quanto in area anglosassone si usa unicamente il termine di “philosophical counseling”. In alcuni ambiti è anche utilizzato il termine di pratica filosofica, probabilmente conseguenza della traduzione dal tedesco del termine “philosophische praxis” coniato da Gerd Achenbach. Oggi si preferisce utilizzare “pratiche filosofiche” per consentire di comprendere attività eterogenee accomunate da un più ampio utilizzo della filosofia e del metodo filosofico in campi quali la philosophy for children, la filosofia nelle aziende, il dialogo socratico, il cafè philo, ecc..

Ritornando quindi alla distinzione tra consulenza e counseling filosofico crediamo che esistano differenze tali da far sì che possano essere considerate attività simili ma non eguali. Tra l’altro questo è stata una delle questioni critiche all’inizio della storia del counseling filosofico in Italia, quando alla fine degli anni 90 si creò una frattura all’interno della primo gruppo di studio e ricerca dell’Associazione Italiana Counseling Filosofico, che si scisse formando poi da una parte la Società Italiana di Counseling Filosofico e dall’altra la Associazione Italiana di Consulenza Filosofica.
Il Counseling Filosofico si inserisce nel più ampio campo del Counseling, con una sua storia ben consistente, considerando il suo inizio negli anni 50, con una ampia letteratura, con Autori di rilievo e pubblicazioni di notevole livello. Il Counseling può aver differenti orientamenti, determinati dalla scelta di un preciso modello di riferimento, in genere di tipo psicologico. Questo determina e caratterizza la visione dell’uomo e soprattutto le modalità di approccio al cliente, ma tutti i counseling condividono una serie di principi tra cui i più importanti sono:

  • l'essere una “relazione d’aiuto”
  • intervenire su situazioni non patologiche
  • agire per un periodo di tempo limitato
  • focalizzarsi su un singolo problema
  • basarsi sull’incontro e sulla relazione con un esperto
  • utilizzare le risorse personali del cliente

Nonostante la condivisione di questi principi il counseling filosofico ha elementi che lo differenziano dal counseling in generale e che si basano principalmente sul fatto di non scegliere un modello di riferimento teorico-pratico di tipo psicologico e di fare riferimento principalmente a idee, strumenti e metodologie di tipo filosofico.
Detto questo possiamo quindi evidenziare quegli aspetti che più differenziano il counseling filosofico dalla consulenza filosofica che possiamo riassumere nei seguenti punti:

  • 1. è una “relazione” d’aiuto

    Un aspetto fondamentale del counseling filosofico è l’essere una “relazione” d’aiuto, vale a dire che il lavoro filosofico ha un punto centrale nell’incontro con l’altro. Il rapporto interpersonale è l’occasione decisiva per fare filosofia, infatti è nel e dal rapporto che si sviluppa il discorso filosofico, che risulta ben finalizzato e concreto.
    L’incontro con l’altro è perciò una vera e propria relazione, un rapporto in cui intervengono dinamiche di cui è necessario avere consapevolezza. Non è quindi tanto agire attraverso la relazione, come strumento terapeutico utilizzato per esempio nelle psicoterapie, quanto interagire con l’altro consapevoli che in quella relazione vi sono aspetti che possono incidere nel rapporto e nel lavoro filosofico. Ogni relazione umana è unica e certamente anche, e soprattutto, in un rapporto come quello del counseling ciò che si instaura tra due individui è un qualcosa di particolare, che porta in campo singole personalità, con ognuno la propria storia, le proprie debolezze, le proprie attitudini, da cui ne risulta un discorso filosofico altrettanto unico ed esclusivo.

  • 2. richiede una consapevolezza psicologica del counselor

    Da qui ne deriva il secondo aspetto che è la consapevolezza psicologica, propria del counseling ma non della consulenza, che richiede naturalmente, oltre ad una informazione su quelle che sono le principali teorie psicologiche e psicopatologiche, un lavoro specifico su di sé del counselor in formazione. Nel training formativo previsto dalla SICoF/SSCF per accedere al Registro Nazionale dei Counselor filosofici è infatti richiesto un percorso individuale, effettuato con counselor didatti o psicoterapeuti, che consente un momento introspettivo di verifica e di conoscenza che possa consentire l’entrare in una relazione d’aiuto con maggiore sicurezza per il cliente e per lo stesso counselor. È ben noto che nelle professioni d’aiuto possa esservi un più alto livello di rischio per gli aspetti legati alla relazione che, se fuori controllo o vissuti senza averne consapevolezza, possono condurre a situazioni critiche.

  • 3. è esplicitamente finalizzata alla risoluzione dei problemi

    Nel counseling filosofico è esplicita e fondamentale l’intenzione di risolvere il problema portato dal cliente. E’ nel e dal problema reale che nasce la riflessione filosofica. Non quindi una filosofia fine a se stessa, che problematizza e si risolve in una pratica astratta e lontana dalla realtà, bensì un atteggiamento che consente di agire e di intervenire sulle questioni della vita. La filosofia e il filosofare sono finalizzati al rispondere alla richiesta d’aiuto del cliente, quindi all’intento di rispondere ad una domanda, ad un dubbio, o a facilitare processi decisionali e chiarificatori. Spesso la filosofia, nel suo spirito originario e storico, e che vuole essere proprio della consulenza filosofica, tende a problematizzare le questioni, non proponendosi necessariamente una risposta definitiva. Ciò ha certamente senso qualora una certa situazione dipenda da una serie di pregiudizi o preconcetti che precludono una visione chiara e lucida di un certo problema. Ma andando oltre il classico atteggiamento del filosofo che continuamente ricerca, pone domande e apre questioni, il counselor filosofico ha come scopo fondamentale, almeno nelle intenzioni, il giungere ad una risposta conclusiva e soddisfacente, lo spegnere il dubbio, il risolvere incertezze. Ciò giustifica il definire questa una “professione d’aiuto”.

  • 4. il counselor non è solo un consulente specialistico ma un catalizzatore di pensiero

    Il counselor filosofico non è quindi solo un filosofo ma è anche e soprattutto un catalizzatore di pensiero, con la chiara consapevolezza di dover tendere ad un fine, uno scopo, una soluzione che siano unici ed esclusivi per quel determinato individuo. Egli non è quindi solo un maestro o un saggio, colui cioè che dispensa aforismi, risposte già confezionate o pillole di saggezza. Ma è anche colui che, ponendosi all’interno di una relazione, ha consapevolezza delle dinamiche che si attivano in una rapporto, entra in contatto con il mondo interno del cliente e con la sua storia, ne scopre i punti deboli e le potenzialità, e attraverso queste con lui trova nel dialogo nuove vie di comprensione e quindi di possibile soluzione.
    Ciò non esclude che vi possano essere situazioni in cui sia necessario proporre e prescrivere filosofi o filosofie già pronte, utilizzando principi e conoscenze utili e funzionali a certe situazioni. Ciò però deve avvenire sempre all’interno di quella “relazione d’aiuto” in cui tale strategia abbia senso. In questo modo il counseling filosofico comprende in sé la consulenza filosofica, ma non viceversa.

  • 5. il counselor tiene conto della potenzialità dell’individuo

    Infine un presupposto fondamentale è il riconoscimento di potenzialità inespresse nel cliente, che ancora non sono emerse e che devono essere quindi identificate, riconosciute e stimolate. Ogni individuo ha in sé gli elementi necessari al raggiungimento di una soluzione o di una risposta alle domande che presenta l’esistenza. Spesso non ne è consapevole, non ci crede abbastanza, non ha abbastanza fiducia in se stesso o nelle proprie capacità. Il counselor filosofico, in uno spirito maieutico, dovrebbe essere in grado di aiutare il cliente stimolando le sue risorse nascoste e facendo emergere in lui gli elementi necessari al superamento del problema. In questo senso vi è una visione positiva dell’uomo con il riconoscimento in ognuno di capacità filosofiche di base e quindi di rielaborazione di idee, pensieri e concetti utili al superamento di momenti critici.

Alcune considerazioni devono poi essere fatte a proposito della formazione specifica del counselor filosofico SICoF/SSCF. Per accedere al master di formazione è necessario un diploma di laurea. Il primo aspetto rilevante, e che differenzia il counseling filosofico SICoF/SSCF da altri counseling, è il livello di formazione che deve essere superiore, e che deve quindi seguire un ben strutturato ciclo di studi universitari. Questo consente di accedere al master con una maggiore maturità di formazione accademica, con conseguente più alto livello dei partecipanti. Sebbene la laurea in filosofia possa rappresentare un titolo maggiormente adatto e predisponente al corso, altri titoli di studio possono essere riconosciuti. Nel corso di questi anni abbiamo visto che spesso la motivazione presente in laureati di differente provenienza è stata tale da compensare ampiamente eventuali carenze culturali nel campo della filosofia. Inoltre, nello spirito pluralistico e aperto che ha sempre contraddistinto il gruppo SICoF/SSCF, l’avere la possibilità di confronto tra persone di diversa formazione ha sempre arricchito e vivacizzato il percorso formativo, con il contributo di diverse discipline, differenti esperienze professionali e diverse prospettive teoriche. La convivenza e il confronto quindi tra filosofi, psicologi, pedagogisti, insegnanti, medici, fisici, biologi, avvocati, ecc. ha contribuito ad evitare che la formazione divenisse un percorso chiuso e circoscritto a visioni filosofiche eccessivamente teoriche, come spesso accade negli ambienti accademici.

A differenza dei numerosi master universitari in consulenza filosofica, che durano 1-2 anni, il master di formazione in counseling filosofico deve essere di almeno tre anni. Questo in accordo con l’orientamento europeo nella formazione dei counselor, che prevede un ciclo almeno triennale. Riteniamo che se verrà riconosciuta, come auspichiamo, nel futuro dallo Stato italiano la professione del counseling questa richiederà sicuramente una formazione post-universitaria di almeno tre anni, quale periodo minimo in grado di fornire non solo nozioni teoriche ma anche lo sviluppo di abilità tecniche attraverso esercitazioni pratiche, laboratori e un periodo di tirocinio. Il tirocinio deve comprendere esperienze pratiche che siano supervisionate da un counselor didatta, così come avviene già da tempo in modo strutturato all’interno della SICoF/SSCF.

Infine, a differenza di quanto avviene nella formazione del consulente filosofico, riteniamo fondamentale ed indispensabile che il counselor filosofico riceva insegnamenti relativi alla psicologia generale ed alla psicopatologia. Le conoscenze relative alla psicologia generale sono ormai considerate patrimonio della nostra cultura attuale e crediamo necessario che il counselor sia consapevole dei confini, delle differenze e delle sovrapposizioni che vi possono essere tra le professioni di tipo psicologico e il counseling filosofico. Nozioni base di psicopatologia sono poi anche indispensabili per consentire al counselor filosofico professionista una maggior sicurezza nel proprio ambito lavorativo, fornendo gli strumenti essenziali per poter identificare situazioni a rischio ed eventualmente, nel rispetto del codice deontologico, richiedere l’intervento di altri professionisti della salute.
Normalmente nei master e corsi di consulenza filosofica la psicologia e la psicopatologia non vengono considerate o trattate.

Counseling filosofico e psicologia

Negli ultimi anni si è vista una certa ostilità e diffidenza nei confronti del counseling da parte della categoria degli psicologi. In diverse regioni gli stessi Ordini degli psicologi hanno accusato e perseguito counselor e associazioni di counseling di reato di esercizio abusivo della professione di psicologo. Questa è infatti regolamentata dall’art.1 della legge 56/89 che afferma: «La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità». Un aspetto messo in rilievo da più parti è il fatto che specifico della professione di psicologo sarebbe l’uso di strumenti fondati sulla conoscenza dei processi mentali, con lo scopo di individuare particolari aspetti del funzionamento psichico. Questi strumenti sono quindi definibili “psicologici” qualora abbiano per finalità la conoscenza dei processi psichici, basata su schemi e teorie proprie delle scienze psicologiche.
Riteniamo di poter sostenere che il counseling filosofico non sia un intervento di tipo psicologico, avendo caratteristiche che lo rendono diverso anche da altri tipi di counseling. Spesso infatti la metodologia e la teoria in uso da parte dei più comuni counseling diffusi in Italia e nel mondo, hanno come base schemi e teorie di evidente e chiara derivazione psicologica, divenendo a ragione modalità occulte, a volte inconsapevoli, di esercizio abusivo della professione di psicologo o di psicoterapeuta.

Il counseling filosofico ha una sua precisa identità che oltre a differenziarlo dalla consulenza filosofica lo distingue da pratiche di tipo psicologico, che solo superficialmente possono essere con esso confuse. Questo si basa su una serie di affermazioni che possono così essere sintetizzate. Il Counseling Filosofico:

Non usa strumenti diagnostici o test psicologici, né fa diagnosi. Anzi la diagnosi non appartiene allo spirito filosofico che tende a riconoscere particolarità e specificità in ogni singolo individuo, senza possibilità di classificazioni o generalizzazioni. Al limite può essere accettata una “valutazione grezza” che consente di evitare l’intervento in situazioni a chiara impronta psicopatologica, limitando il lavoro a situazioni “normali” dell’esistenza.

Si rivolge a problemi critici dell’esistenza “normali”, a forte carattere filosofico. Si occupa quindi di problemi quali crisi di significati o valori, il senso della vita, della morte, della malattia, questioni etiche e morali, ecc.…

Ha una tradizione di pensiero specifica e propria, precedente a quella psicologica (rappresentandone quindi la base storica e teorica), che abbraccia ambiti come la metafisica, la trascendenza, la teologia, ecc.;

Non usa metodologie di tipo psicologico ma processi di analisi di tipo filosofico (maieutico, dialettico, fenomenologico, analitico, ermeneutico,…);

E’ una relazione d’aiuto nel senso che aiuta l’individuo nel proprio percorso di ricerca interiore e nella soluzione di problemi esistenziali, non certamente nella soluzione di conflitti o dinamiche intrapsichiche (almeno negli obiettivi e nelle intenzioni, essendo evidente che ogni evento esistenziale è in grado di produrre modificazioni interiori);

Non usa né fa riferimento a modelli teorico-pratici psicologici, anzi si pone in una posizione critica verso di essi, sostenendo una posizione scettica nei confronti di qualsiasi teoria troppo definitivamente strutturata. È infatti proprio dell’atteggiamento filosofico il contrapporsi a pregiudizi e preconcetti (quindi anche ogni teoria precostituita) che possano condizionare la visione della realtà, dell’individuo e dell’esistenza;

Non è un intervento psicoterapeutico perché limitato nel tempo (max. 10 sedute), circoscritto ad un problema specifico non patologico (quindi non da “curare” ma da risolvere, analizzare o approfondire), non utilizza a scopo terapeutico aspetti affettivo-emotivi o relazionali (transfert-controtransfert), non si propone modelli interpretativi del comportamento, non interviene o considera l’inconscio e le sue dinamiche;

Non indaga le dinamiche psichiche, secondo un modello psicologico, ma analizza la struttura dell’esistenza individuale e la visione del mondo, concetti propri della filosofia fenomenologico-esistenziale

Le conoscenze psicologiche necessarie all’esercizio del counseling filosofico sono limitate e finalizzate ad una consapevolezza individuale del counselor per tutelare sé e il proprio cliente dall’emergere di problematiche a rischio o che richiedono altri tipi di intervento (psicoterapeutico, psichiatrico).

Considerazioni conclusive

Possiamo quindi ora concludere ridefinendo gli aspetti fondamenti che caratterizzano il counseling filosofico.
Il counseling filosofico è un intervento di aiuto all’individuo finalizzato alla risoluzione di problemi esistenziali attraverso l’uso di metodi di pensiero, di ragionamento e di analisi di tipo filosofico.
In analogia alla maieutica socratica il counselor filosofico stimola i processi di pensiero logici e razionali del soggetto agendo con una funzione di chiarificazione e di facilitazione, tesa alla risoluzione o alla risposta a domande o problemi dell’ esistenza. Questo utilizzando le personali risorse del cliente che devono essere attivate e condotte. La “conduzione” del processo si basa su metodologie di lavoro di tipo filosofico che, a seconda delle personali caratteristiche del cliente e del counselor, o del problema portato, possono essere di vario tipo (dialettica, fenomenologica, esistenziale, maieutica, ermeneutica, ecc.). Nel Counseling Filosofico viene dato rilievo al rapporto interpersonale, come fondamentale occasione per fare filosofia (è dal e nel rapporto che si sviluppa il discorso filosofico), e alla relazione intesa come campo di attuazione di dinamiche psichiche che rendono necessario al counselor il possesso di una consapevolezza psicologica, senza per questo agire con o attraverso essa.

L’entrare in empatia rappresenta una modalità fondamentale di essere in relazione con l’altro, utile ad una comprensione del suo mondo interno che possa consentire di identificare la migliore via di rielaborazione del problema. L’empatia è quindi un momento propedeutico al lavoro di tipo filosofico, senza rappresentare di per sé un elemento curativo. Il counseling filosofico include la consulenza filosofica in quanto è possibile scegliere di agire in modo più tecnico e meno empatico in alcuni casi in cui l’aspetto relazionale sia già compromesso, come con parenti ed amici o in qualsiasi altro caso se ne riscontri la necessità.
Infine il counselor filosofico non usando metodi, strategie e teorie proprie della psicologia e non agendo con intenti diagnostici o terapeutici si differenzia nettamente dal lavoro psicologico e psicoterapeutico. Ciò comunque non esclude il fatto, anzi è auspicabile, che il counselor professionista interagisca con altri professionisti della salute, come medici, psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, ecc. in uno spirito di collaborazione che metta al centro sempre e solo la salute ed il benessere dell’individuo.

* Prof. Lodovico Berra

Medico specialista in psichiatria, psicoterapeuta, direttore dell’ Istituto Superiore di formazione e ricerca in Filosofia, Psicologia, Psichiatria, ISFiPP Torino, docente stabilizzato di psicobiologia e psicologia fisiologica, Università Pontificia Salesiana, direttore del Master triennale di specializzazione in Counseling Filosofico, presidente fondatore della Società Italiana di Counseling Filosofico (SICoF) e della Società Italiana di Psicoterapia Esistenziale (SIPE), autore di numerosi lavori scientifici nel campo della psichiatria e della psicoterapia.
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